Le parole di Calvino by Matteo Motolese

Le parole di Calvino by Matteo Motolese

autore:Matteo Motolese [Motolese, Matteo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Treccani
pubblicato: 2023-09-27T22:00:00+00:00


8

Nomi di persona

di Sergio Bozzola

Se si offrissero a un lettore ignaro di Calvino, estraendoli ciascuno dal suo contesto, tutti i nomi dei suoi personaggi, quel lettore si troverebbe davanti a un paesaggio verbale variopinto e ricco di informazioni. Il nome proprio letterario in Calvino è infatti molto spesso motivato, poiché si carica di connotazioni e di valori ulteriori rispetto alla sua funzione primaria, e in questa ricerca può in qualche caso addirittura avvicinarsi alla tradizione romanzesca premoderna del «nome tipico» (Watt, 1976, pp. 15-17). Ci mette sulla via lo stesso scrittore quando, rispondendo a un’intervista nel 1952 su «personaggi e nomi» (ora in S 1746-1747), distingue tra gli scrittori che si servono di nomi opachi che non interpongono «alcun diaframma tra il personaggio e il lettore», nomi cioè di battesimo «comuni e intercambiabili», e gli scrittori (tra i quali iscrive sé stesso) che scelgono nomi con un «potere evocativo», che una volta attribuiti al personaggio vi rimangono «appiccicati» diventando con esso «una cosa sola».

La motivazione può essere intrinseca (§ 1), se insiste sulla possibilità di interpretare semanticamente il nome, il cui significato rivela uno o più tratti del personaggio (al netto di distinzioni più sottili offerte dalla bibliografia – una sintesi in Marzano, 2008, pp. 212-57; Terrusi, 2012, cap. I), con ciò rilanciando l’antica tradizione dei “nomi parlanti” (Ruggieri, 1962). O può essere estrinseca (§ 2), se il nome è marcato da connotazioni di volta in volta sociali, gergali, letterarie ecc. Riserviamo infine uno spazio ai nomi connotati in senso etnico e linguistico (§ 3).

La disamina che si offre in questo capitolo è condotta sul parametro della funzione dei nomi di persona nell’opera narrativa di Calvino, e non prioritariamente sulla loro forma (come procede invece Zaccarello, 2003). È inteso che la medesima scelta onomastica può adombrare più d’una funzione (D’Acunti, 1994, p. 804; Terrusi, 2012, p. 31), pertanto tra le possibili ragioni d’uso di un nome sarà valorizzata quella contestualmente più plausibile – tipicamente: l’uso di nomi dialettali in funzione diastratica ed espressiva, piuttosto che come indicatori diatopici di regionalità ligure (infra § 2.a).

1. Il “nome parlante” può evidenziare una misura variabile di trasparenza. Si possono su questo parametro distinguere i casi nei quali il significato del nome è immediatamente comprensibile – e si tratta fondamentalmente dei soprannomi (a)‒ da quelli in cui viene esplicitato dal narratore (b); fino ai casi in cui affiora implicitamente nel contesto ampio del racconto (c). Aggiungiamo infine alcuni esempi in cui la motivazione del nome è affidata alla sua morfologia (d).

a) La tavolozza calviniana dei soprannomi è ricca di colori, e non faremo che qualche caso a partire dai nomignoli affibbiati al Visconte dagli ugonotti: dalla designazione diretta per sineddoche (lo Zoppo, il Monco, lo Sfiancato, lo Snaticato, tutti a VD 400, e lo Spiedato, 426) alla sua indicazione astratta (l’Orbo, ‘privato di’, 400); e vedi lo Zoppo-dall’-altra-gamba per indicare la sua metà buona (426). Il nesso con il personaggio è trasparente e rinvia a una sua caratteristica fisica. Qualche altro caso. In Va’ così che vai bene compare Nasostorto (RR 2 1020), dal soprannome immediatamente significativo.



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